FRAGOROSO SILENZIO
domenica 15 dicembre 2013
Prof, mi ascolti?
Prof, mi ascolti???????
L’aria è cupa. L’assenza di vento rende tutto
immobile,le nuvole non si allontanano,sembrano voler stazionare caparbiamente in cielo …e, dalle finestre
dell’aula, fa capolino una strana luce, quasi opaca, che non aiuta la passione
per quello che si fa. I volti dei ragazzi appaiono stanchi,annoiati e le mie
parole non riescono a tener vivo ciò che dico… Li cerco con lo sguardo, li
studio questi ragazzi dall’aria annoiata che si ostinano ad apparire più
grandi, più aggressivi, ma fragili!
Un’età decisiva e delicata, dove la trasgressione,la
sfida e la fuga dall’autorità vanno gestite con serietà, disponibilità e
fermezza.
-Prof,mi ascolti?-
-Io sì, e tu, mi ascolti?-
-Io, veramente no, anzi…poco!!!-
-E perché?-
-Io ho un sacco di problemi, mica
sono come te che di problemi non ce n’ hai!!!!!!!-
Mi allontano con la mente per un attimo…rifletto…
L’ascolto non è previsto dalle indicazioni nazionali
e anzi ho letto un articolo dove si rimproverava un prof perché “ perdeva”
tempo ad ascoltare i propri alunni…perché diceva,il saggio, che non si deve
fare l’insegnante psicologo,ma che il compito fondamentale
dell’insegnante è promuovere l’amore per il sapere…
Attraverso i soliti contenuti vecchi e noiosi? Dico
io…
La voce difficoltà, sofferenza,disagio dove è
finita?
Mi vengono in mente le parole di Monsier Thelot “ Il
docente deve essere prima di tutto uno “specialista” del successo dei propri
studenti”, ma dice anche che i docenti dovrebbero occuparsi meno di trasmettere
il sapere e occuparsi più della crescita dei propri alunni”…
E cosa ne può sapere Matteo della mia, (e di tanti
altri), frustrazione sul lavoro, sulla mia idea di scuola che non è più, che
spesso non riesco più a trovare il vero senso di ciò che faccio,che dopo tanti
anni mi si chiede ancora di essere brillante,accattivante,motivante perché altrimenti
i ragazzi si annoiano?…
Ma questo nostro mondo va nella direzione opposta
alla mia…chiede forza, giovinezza, bellezza e arroganza…ed io sperimento così
la mia Resistenza…
Rifletto…è importante “crescere”,e c’è la giusta
via, quella che favorisce l’altra “crescita”,quella che ti prepara a vedere
l’insolito, a valicare il possibile e cogliere l’impossibile,a camminare a
passo svelto per rincorrere i sogni,per non farli scappare e tenerli stretti
come la cosa più preziosa …?
L’aria continua ad essere cupa,anzi cupa e pesante.
Ma ..la mia è ansia? E’ paura di ciò che mi vuole dire Matteo? Mi viene in
mente: “I grandi non capiscono mai niente da soli, e i bambini si stancano a
spiegar loro le cose continuamente...”
Mi ci vorrebbe “Il piccolo
principe”.
Lui sì che saprebbe cosa
fare!
Ce la posso fare…è così da
anni!!!!!!!!
Scorgo un sorrisetto complice tra due alunni…due
creste al vento che regalano ai possessori cinque centimetri in più in
altezza…un sorriso vero, coinvolgente…
Dal fondo però una voce impaziente ripete:Prof,ma mi
ascolti o no?
-
Si, ti
ascolto…-
-
- Ti volevo dì
che non ho studiato perché ho avuto da fare…perciò se mi interroghi prendo un
brutto voto…-
-
E cos’è che
hai avuto da fare?-
-
Mi vergogno
prof…ti posso parlà fuori?-
-
Va bene,
usciamo…-
Fuori, nel corridoio, ci
sono i bidelli alle prese con spazzole e
scopettoni, e quindi cerchiamo un luogo più appartato,ma la nostra scuola è
“avara” e lugubre, non offre tali spazi perché è in attesa di ristrutturazione
dopo il terremoto,da cinque anni, e allora usciamo in cortile…
Appena messo il naso
fuori, i suoi occhi si riempiono di lacrime che scendono come la pioggia che
comincia a battere forte.
Sotto la tettoia dove ci
ripariamo, pioggia e lacrime si mescolano e quasi gli danno coraggio…
E dopo un silenzio che
sembra eterno: “Prof mi sento come un soldato sconfitto,mi sento come un
orologio fermo,come un cerotto senza colla,come uno yogurt scaduto…
Mi sento solo,mi sento che
stò a perde…”
Le lacrime sembrano gocce
di sale per quanto fanno male…
“Prof, ieri pomeriggio
hanno arrestato papà, lo hanno portato via senza farci capire, come se fosse un
ladro,un delinquente, uno che ha commesso un terribile reato…
Lui ha solo smesso di
pagare ciò che doveva…non li aveva i soldi, non sapeva cosa fare!
Doveva portare a casa da
mangiare per noi,siamo diversi in casa…e solo lui lavorava…
Prima la fabbrica andava,
gli operai lavoravano tanto e noi stavamo bene…poi la crisi, i cinesi che hanno
preso tutto, ogni cosa si è scomposta, ogni cosa ha preso il verso sbagliato e
noi…
Papà ha dovuto licenziare
gli operai e lui lavorava ore e ore per cercare di andare avanti…ha dovuto
scegliere…dare da mangiare a noi o pagare lo Stato…
E lui ha scelto noi.
Tu lo condanni prof? Tu
pensi che abbia sbagliato?
E come faremo ora? Ma che
Stato è, Prof, quello che ti fa scegliere tra i figli e lui?
Papà,ieri, ha seguito gli UOMINI in divisa a testa bassa, come si vergognasse
tanto…
E io volevo dirgli: Papà,
non hai sbagliato, e ti vogliamo tanto bene!
Dimmi, prof,cosa devo
pensare?
Te lo dico io prof…
Penso a quello che mi
dicevi tu, il rispetto delle regole, il rispetto per le istituzioni,il rispetto
dell’altro, cosa volevi insegnarmi?Ecco prof…mi sa che dicevi fesserie…
E’ vero che le regole
devono essere rispettate,ma io devo essere messo nella condizione di
rispettarle…e qui invece tutto è andato in tilt…”
La mia mente è un turbinio
di vaffa…mi sento io sconfitta…sconfitta anche dalle mie idee,ma poi la ragione
mi viene in aiuto e l’aria cupa si allontana…
Devo… devo scacciare
questo vento insidioso,questo scoramento totale, questo pensiero maligno che
mette in discussione le sue certezze, devo fargli capire che le idee sono l’unica
risorsa dell’uomo e quelle giuste lo sono ancora di più…
Mi faccio forza, mi faccio
violenza…da dove comincio?
Ci vuole un inizio convincente
per catturare la sua attenzione e ridisegnare le certezze di cui ha bisogno…
Non è facile perché la
mente mi suggerisce riflessioni dure verso lo Stato…ma poi le tengo per me e…cerco
un modo utile per parlargli…
“Non ti ho raccontato fesserie
e non ti volevo trasmettere un sapere,volevo solo regalarti ciò che sapevo,farti comprendere, come io ho compreso,
l’importanza della parola Stato…e l’idea di Stato non è sbagliata in sè, è l’interpretazione
da parte degli uomini che, a volte,fa discutere…
Sono gli uomini che fanno
funzionare lo Stato,sono loro che nelle sedi più importanti decidono la
direzione verso cui deve andare il paese,cosa
occorre fare,e questo è difficile ma nello stesso tempo straordinario perché queste
decisioni sono poi la nostra vita…
Ma poi ci sono le
esagerazioni, le generalizzazioni,la corsa ad essere più fortunati di altri, ad
ottenere di più..a dimenticare sia il fine che la vera idea di Stato : giustizia e virtù…
E’ questo che dobbiamo
avere sempre in mente anche nei momenti in cui tutto sembra contro di noi…
Vedrai che le cose
andranno nel verso giusto, tuo padre saprà spiegare l’accaduto,guiderà i giudici
a guardare con occhi “giusti” la situazione…
Tu ricorda che in questo
momento siete voi che date forza a papà, siete la luce che illumina i suoi
giorni, il suo cammino e la sua battaglia…
Non aver paura, ci sono
situazioni difficili da gestire ma dobbiamo imparare a costruire occasioni per
risolverle quelle situazioni, dobbiamo scoprire la forza dentro di noi e non
lasciarci vincere dai pensieri cattivi che scatenano la tempesta delle emozioni…le
emozioni vengono dal cuore e il cuore del tuo papà è buono, come il tuo…
Lo Stato sbaglia, come
tutti noi,ma l’errore si può correggere,non servono i segni rossi o blu,come le
antiche maestrine, serve solo il ragionamento, la voglia di capire, di parlare sensatamente e dialogare in
nome della verità e della sincerità…
Nonostante tutto
continuiamo a crederci…
Mattè, dì a mamma che al
tribunale di Aosta, qualche giorno fa, il giudice ha assolto un imprenditore
che non aveva pagato il dovuto,e la motivazione della assoluzione, è una
lezione di civiltà : Non ha pagato perché non poteva, e non perché non voleva.”
Matteo mi guarda, i suoi
occhi sembra che brillino un po’…
Rientriamo con gli animi
in tumulto,ma con il respiro meno affannoso…
Penso …i miei pensieri si attorcigliano
come i serpenti velenosi…
Stato…
Ladro di soldi, di
speranze, di progetti, di futuro,di affettività…ora rubi anche l’infanzia e la
sua spensieratezza…
Ma quando cominci a
riflettere e a denigrarti????????
E ci sono parole importanti,
forti, ,parole di seta ma anche parole di fuoco, parole che ci danno fastidio e
altre che esprimono dubbi,perplessità, ma anche certezze e sentimenti eterni,parole
che che raccontano la vita.
Così penso a quel grande uomo che è stato Don Milani
quando insisteva nel dire che “ la parola ci rende uguali”…
Sempre vigili
venerdì 6 dicembre 2013
Censis:l'Italia un paese vecchio,anzi morto...ma soprattutto "sciapo"!
IL RAPPORTO SULLA SOCIETA’ ITALIANA
Censis, gli italiani «sciapi e
infelici»
Crescono quelli che fuggono all’estero
Crescono quelli che fuggono all’estero
In un decennio si è passati da 50mila a ai 106mila. Nell’ultimo anno il
trasferimenti all’estero sono cresciuti del 28,8%
Il presidente del Censis Giuseppe De Rita (Ansa)«Una società sciapa e infelice in cerca di
connettività».Così il Censis definisce la situazione sociale italiana nel suo
47mo illustrato a Roma dal direttore generale Giuseppe Roma e dal presidente
Giuseppe De Rita. Una società, quella italiana, che sembra sempre ad un passo
dal crollo ma che non crolla. «Negli anni della crisi - si legge nel rapporto
del Censis - abbiamo avuto il dominio di un solo processo, che ha impegnato
ogni soggetto economico e sociale: la sopravvivenza. C’è stata la reazione di
adattamento continuato (spesso il puro galleggiamento) delle imprese e delle
famiglie. Abbiamo fatto tesoro di ciò che restava nella cultura collettiva dei
valori acquisiti nello sviluppo passato (lo «scheletro contadino», l’imprenditorialità
artigiana, l’internazionalizzazione su base mercantile), abbiamo fatto conto
sulla capacità collettiva di riorientare i propri comportamenti (misura,
sobrietà, autocontrollo), abbiamo sviluppato la propensione a riposizionare gli
interessi (nelle strategie aziendali come in quelle familiari).
SCIAPI
E INFELICI - Siamo anche una «società sciapa e infelice» secondo il
Censis «senza fermento e dove circola troppa accidia, furbizia generalizzata,
disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale,
disinteresse per le tematiche di governo del sistema, passiva accettazione
della impressiva comunicazione di massa». Di conseguenza siamo anche «infelici,
perché viviamo un grande, inatteso ampliamento delle diseguaglianze sociali». A
giudizio dei ricercatori del Censis si sarebbe «rotto il “grande lago della
cetomedizzazione”, storico perno della agiatezza e della coesione sociale.
Troppa gente non cresce, ma declina nella scala sociale. Da ciò nasce uno
scontento rancoroso, che non viene da motivi identitari, ma dalla crisi delle
precedenti collocazioni sociali di individui e ceti».
FUGA
ALL’ESTERO - Ciò avrebbe determinato una vera e propria fuga
all’estero. Nell’ultimo decennio il numero di italiani che hanno trasferito la
propria residenza all’estero è più che raddoppiato, passando dai circa 50mila
del 2002 ai 106mila del 2012. Ma è stato soprattutto nell’ultimo anno che
l’aumento dei trasferimenti è stato particolarmente rilevante: (+28,8% tra il
2011 e il 2012).
IL
LAVORO CHE NON C’E’ - Una reazione al grave disagio sociale, all’
instabilità lavorativa e sottoccupazione che interessa il 25,9% dei lavoratori:
una platea di 3,5 milioni di persone ha contratti a termine, occasionali, sono
collaboratori o finte partite Iva. Ci sono poi 4,4 milioni di italiani che non
riescono a trovare un’occupazione «pure desiderandola». Per il Censis «2,7
milioni sono quelli che cercano attivamente un lavoro ma non riescono a
trovarlo, un universo che dallo scoppio della crisi è quasi raddoppiato (+82%
tra il 2007 e il 2012)». Ci sono poi 1,6 milioni di italiani che, «pur
disponibili a lavorare, hanno rinunciato a cercare attivamente un impiego
perché convinti di non trovarlo».
ALLA
LARGA DALLA POLITICA - Cresce sempre più il disinteresse per la politica: il
56% degli italiani (contro il 42% della media europea) non ha attuato nessun
tipo di coinvolgimento civico negli ultimi due anni, neppure quelli di minore
impegno, come la firma di una petizione. Più di un quarto dei cittadini
manifesta una lontananza pressoché totale dalla dimensione politica, non
informandosi mai al riguardo. Al contrario, si registrano nuove energie
difensive in tanta parte del territorio nazionale contro la chiusura di
ospedali, tribunali, uffici postali o presidi di sicurezza.
LE
ENERGIE POSITIVE - Tuttavia il Censis vede anche dei segnali positivi e
di tenuta sociale. «Si registra una sempre più attiva responsabilità
imprenditoriale femminile (nell’agroalimentare, nel turismo, nel terziario di
relazione), l’iniziativa degli stranieri, la presa in carico di impulsi
imprenditoriali da parte del territorio, la dinamicità delle centinaia di
migliaia di italiani che studiano e/o lavorano all’estero (sono più di un
milione le famiglie che hanno almeno un proprio componente in tale condizione)
e che possono contribuire al formarsi di una Italia attiva nella grande platea
della globalizzazione».
WELFARE
E DIGITALE - Nuove energie si sprigionano inoltre in due ambiti che
permetterebbero anche l’apertura di nuovi spazi imprenditoriali e di nuove
occasioni di lavoro. «Il primo -si legge nel rapporto- è il processo di
radicale revisione del welfare. Il secondo è quello della economia digitale:
dalle reti infrastrutturali di nuova generazione al commercio elettronico,
dalla elaborazione intelligente di grandi masse di dati, dallo sviluppo degli
strumenti digitali ai servizi innovativi di comunicazione, alla crescita
massiccia di giovani “artigiani digitali”».
LA
CONNETTIVITA’ - Il nuovo motore dello sviluppo, secondo il Censis,
potrebbe essere la connettività (non banalmente la connessione tecnica) fra i
soggetti coinvolti in questi processi». Se infatti «restiamo una società
caratterizzata da individualismo, egoismo particolaristico, resistenza a
mettere insieme esistenze e obiettivi, gusto per la contrapposizione emotiva,
scarsa immedesimazione nell’interesse collettivo e nelle istituzioni» avremmo
anche raggiunto il punto più basso dal quale non potrà che derivare un
progressivo superamento di questa «crisi antropologica». Per fare connettività,
secondo il Censis, non si può contare sulle istituzioni «perché
autoreferenziali, avvitate su se stesse, condizionate dagli interessi delle
categorie, avulse dalle dinamiche che dovrebbero regolare, pericolosamente politicizzate,
con il conseguente declino della terzietà necessaria per gestire la dimensione
intermedia fra potere e popolo».
SPINTA
ORIZZONTALE - Neanche la politica può sviluppare questa connettività
perché «più propensa all’enfasi della mobilitazione che al paziente lavoro di
discernimento e mediazione necessario per fare connettività, scivolando di
conseguenza verso l’antagonismo, la personalizzazione del potere, la vocazione
maggioritaria, la strumentalizzazione delle istituzioni, la prigionia decisionale
in logiche semplificate e rigide». Se dunque, conclude il Censis, «istituzioni
e politica non sembrano in grado di valorizzarla, la spinta alla connettività
sarà in orizzontale, nei vari sottosistemi della vita collettiva. A riprova del
fatto che questa società, se lasciata al suo respiro più spontaneo, produce
frutti più positivi di quanto si pensi».
Fonte: Corriere della sera.it
sabato 23 novembre 2013
Italia,carceri,e... Animosus omnia vincit????????
Animosus omnia vincit…
( Il coraggio vince tutto)
“Mostrami la prigione, mostrami il carcere. Mostrami il detenuto la cui vita è andata male. Ed io ti mostrerò, ragazzo mio, mille ragioni per cui è solo un caso se al posto suo non ci siamo noi.”
Phil Ochs
“Mostrami la prigione, mostrami il carcere. Mostrami il detenuto la cui vita è andata male. Ed io ti mostrerò, ragazzo mio, mille ragioni per cui è solo un caso se al posto suo non ci siamo noi.”
Phil Ochs
Spesso pensiamo ai tanti detenuti come numeri,ma sono
uomini e donne che hanno una storia e spesso difficile, una famiglia che soffre
e lotta per loro, ma che si scontra con una giustizia malata e che, ingessata
in se stessa, non offre possibilità alcuna...
Non mi piace ascoltare le solite frasi di convenienza o di
giudizio scontato,mi piace invece pensare che “noi ascoltiamo” chi spesso non
può avere voce,chi ha giocato male il primo tempo della vita,chi ha sbagliato,
chi non riesce a venirne fuori...
Il perbenismo assurdo, anche di tanti articoli di giornale,
mi dà il volta stomaco…così pure la mancata informazione di molti…
Voltare la testa dall’altra parte non fa sparire il
problema…
E se ci fossi io? Questa la domanda…
Quando si penserà a pene alternative??????
Quando si riuscirà a restituire la dignità a queste persone?
Quando???
E' questo un paese civile?
Quando si penserà a pene alternative??????
Quando si riuscirà a restituire la dignità a queste persone?
Quando???
E' questo un paese civile?
Il sovraffollamento carcerario non solo esiste, è
nei numeri, (64.758 detenuti al 30 settembre 2013 a fronte di una capacità
regolamentare di 47.615 posti),quindi richiede
provvedimenti urgenti ( il 28 maggio 2014 scade il termine posto dalla Corte
Europea dei diritti dell’uomo per realizzare misure di contenimento del
sovraffollamento penitenziario ed evitare al nostro paese centinaia di condanne
per violazione della Convenzione)… è
soprattutto un problema di legalità.
E la Costituzione? Ignorata..
E ancora…
“Nuova
bacchettata di Strasburgo all'Italia per la questione carceri. Il Comitato per
la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa, infatti, ha chiesto di
rivedere alcune misure imposte ai detenuti in regime 41bis. L'Europa, si legge
in un rapporto, è "molto preoccupata" per l'ulteriore inasprimento
del 41bis (introdotto nel 2009). Tra le misure richieste dal comitato quella di
raddoppiare da 2 a 4 ore il tempo fuori dalla cella.”
Da “Notizie Radicali”
Carcere. Napoli: 34enne muore in carcere, “sputava sangue” da 10 giorni e
non è stato curato
Leggete ciò che racconta la mamma….
15-11-2013
Nessuna “trasparenza” del Dap sui decessi in cella, inapplicata la
Circolare del 2011. La famiglia ha appreso la notizia solo grazie alla lettera
di un compagno di detenzione. Federico Perna, 34 anni, originario di Latina e
detenuto nel carcere di Poggioreale (Napoli), l'8 novembre muore per “collasso
cardiocircolatorio”. Il pm Pasquale Ucci, titolare dell’inchiesta, apre un
fascicolo con l’ipotesi di reato di “omicidio colposo” e dispone l’autopsia,
che si svolge oggi. Nobila Scafuro, madre del giovane, denuncia: “Mio figlio
è morto venerdì scorso, alle 17 di sera. L’ho sentito al telefono l’ultima
volta il martedì precedente, mi disse che perdeva sangue dalla bocca quando
tossiva. Si trovava nel Padiglione Avellino, nella cella 6, assieme ad altre 11
persone.
Federico non doveva restare in carcere, ma essere ricoverato in ospedale:
aveva bisogno di un trapianto di fegato ed era stato dichiarato incompatibile
con la detenzione da due diversi rapporti clinici, stilati dei Dirigenti
Sanitari delle carceri di Viterbo e Napoli Secondigliano. Invece da
Secondigliano è stato trasferito a Poggioreale, dove le sue condizioni di
salute si sono ulteriormente aggravate: sputava sangue, letteralmente, e chiedeva
il ricovero disperatamente da almeno dieci giorni lamentando dolori lancinanti
allo stomaco. Abbiamo appreso della sua morte tramite la lettera di un compagno
di cella, con il quale Federico aveva stretto amicizia. Non sappiamo nemmeno
dove sia morto, perché le versioni sono diverse: ci dicono che è morto
nell'infermeria del carcere di Poggioreale, di attacco cardiaco e senza la
possibilità di essere salvato con il defibrillatore... poi ci dicono che è
morto in ambulanza... poi ancora che è morto prima di essere caricato in
ambulanza... o addirittura in ospedale, e anche su questo ci hanno nominato più
di una struttura possibile”.
Con la morte di Federico Perna sale a 139 il numero dei detenuti che hanno
perso la vita da inizio anno. Su queste tragedie l’informazione da parte del
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria è inesistente, nonostante
quanto previsto dalla Circolare G-DAP-0397498-2011 “Sala Situazioni. Modello
Organizzativo e nomina Responsabile”, datata 18 ottobre 2011 e firmata dall’allora
Capo del Dap Franco Ionta, che all’art. 5 comma 6 prevede “Per garantire una
trasparente e corretta informazione dei fenomeni inseriti nell'applicativo
degli eventi critici le principali notizie d'interesse saranno, inoltre
trasmesse al Direttore dell'Ufficio Stampa e Relazioni esterne per le attività
di informazione e comunicazione agli organi di stampa e la eventuale diffusione
mediante i canali di comunicazione di cui dispone ii DAP (rivista
istituzionale, newsletter siti istituzionali)”.
Carceri:
protesta detenuti a Taranto, pentole contro muri e cibo in corridoi
E ancora…
fonte:
corrieredelgiorno.com
Nel carcere di via Magli, a Taranto, continua la
protesta di 110 detenuti contro il sovraffollamento e le terribili
condizioni igienico sanitarie. La situazione è simile in tutta la Puglia, dove
ci sono oltre quattromila detenuti, a fronte di una capienza complessiva di
poco più di duemila. Il sovraffollamento, a parte le condizioni igieniche,
mette in difficoltà anche il sistema della Polizia Penitenziaria che è
costretta con pochi uomini a gestire intere sezioni.
I detenuti di Taranto continuano lo sciopero del cibo
ma questa volta si sono fatti anche promotori di un gesto di solidarietà che fa
molto riflettere di questi tempi: hanno donato quello che produceva la mensa
dell’istituto alla Caritas Diocesana. Due sono le mense che ne hanno
beneficiato: San Pio IX e quella del Carmine. A usufruire del cibo anche
alcune case famiglia e una mensa per migranti a Massafra. “La
sofferenza personale, quando diventa comprensione delle sofferenze altrui con
gesti concreti, costituisce senza dubbio un significativo ed alto esempio di
solidarietà. Ringrazio – ha detto don Nino Borsci,
direttore della Caritas Diocesana - i detenuti per il bel gesto, nonché
i dirigenti della struttura carceraria per la solerte collaborazione. Auspico
che si possa giungere finalmente e quanto prima alla soluzione del grave
problema vissuto dai carcerati”.
fonte: corrieredelgiorno.com
Questa la situazione ad oggi…
Da Orizzonti Ristretti…
Anni
|
suicidi
|
Tot. morti
|
2012
|
60
|
154
|
2013*
|
45
|
140
|
* Aggiornamento al 23 novembre 2013
Notizia dell’ultima ora…
Carceri, ora 8 ore d'aria ai detenuti
Il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri: "Prima avevano solo due ore di uscita e invece è importante che escano
Ha
qualcosa da farsi perdonare?????????????
“Abbassa il tuo sguardo, bella luna, e inonda questa scena,
Versa benigna i fiotti del nimbo della notte
Su volti orrendi, tumefatti, violacei,
Sopra i morti riversi con le braccia spalancate,
Versa il tuo nimbo generoso, sacra luna.”
“Abbassa il tuo sguardo, bella luna, e inonda questa scena,
Versa benigna i fiotti del nimbo della notte
Su volti orrendi, tumefatti, violacei,
Sopra i morti riversi con le braccia spalancate,
Versa il tuo nimbo generoso, sacra luna.”
Walt Whitman
lunedì 18 novembre 2013
Carceri Italia...e t'illumino di disumanità!
Altro che Svezia...
Leggo e pubblico...vergognandomi profondamente !!!!!!!!!!!
Lunedì 18 Novembre 2013
Carceri, sinistra senza anima
Luigi Manconi
Vito Manciaracina, 78 anni, condannato in via definitiva all’ergastolo, detenuto presso il Centro Clinico del carcere di Bari, affetto da paralisi degli arti inferiori, epilessia e demenza senile. Il 7 novembre scorso, la Procura della Repubblica ha chiesto il rigetto dell’istanza di sospensione della pena o di trasferimento in un’idonea struttura sanitaria. Brian Gaetano Bottigliero, 25 anni, condannato in primo grado a nove anni di reclusione, detenuto nel carcere romano di Regina Coeli. Nel gennaio scorso gli viene diagnosticata un’insufficienza renale cronica. In attesa di un trapianto di rene, è sottoposto a dialisi tre volte alla settimana. Le richieste di termine o quantomeno di attenuazione delle misure cautelari, sono state rigettate dal magistrato competente perché sussisterebbe a suo carico un 'pericolo di fuga’. Vincenzo Di Sarno, 35 anni, condannato in via definitiva, detenuto nel carcere napoletano di Poggioreale, affetto da un tumore al midollo spinale. Gli è stata rigettata l’istanza di scarcerazione per incompatibilità con lo stato detentivo.
Luigi Manconi
Vito Manciaracina, 78 anni, condannato in via definitiva all’ergastolo, detenuto presso il Centro Clinico del carcere di Bari, affetto da paralisi degli arti inferiori, epilessia e demenza senile. Il 7 novembre scorso, la Procura della Repubblica ha chiesto il rigetto dell’istanza di sospensione della pena o di trasferimento in un’idonea struttura sanitaria. Brian Gaetano Bottigliero, 25 anni, condannato in primo grado a nove anni di reclusione, detenuto nel carcere romano di Regina Coeli. Nel gennaio scorso gli viene diagnosticata un’insufficienza renale cronica. In attesa di un trapianto di rene, è sottoposto a dialisi tre volte alla settimana. Le richieste di termine o quantomeno di attenuazione delle misure cautelari, sono state rigettate dal magistrato competente perché sussisterebbe a suo carico un 'pericolo di fuga’. Vincenzo Di Sarno, 35 anni, condannato in via definitiva, detenuto nel carcere napoletano di Poggioreale, affetto da un tumore al midollo spinale. Gli è stata rigettata l’istanza di scarcerazione per incompatibilità con lo stato detentivo.
Le tre vicende qui sintetizzate, che gridano vendetta davanti a Dio e agli uomini, rappresentano altrettanti casi di stridente e crudele incompatibilità tra condizione patologica e reclusione in cella. E si tratta di vicende che, secondo un'opinione diffusa, dovrebbero rappresentare plasticamente quella “disparità nel trattamento” dei detenuti che il caso di Giulia Ligresti avrebbe evidenziato. Le cose non stanno propriamente così. E, infatti, su quelle tre storie di sofferenza e agonia in stato di privazione della libertà qualcuno ha presentato interrogazioni in parlamento, ha sollecitato l’attenzione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, della magistratura di sorveglianza e dei tribunali e ha informato il ministero della Giustizia. Qualcuno, appunto, solo qualcuno. Eppure sono tre settimane almeno che l’intera polemica sul “caso Ligresti-Cancellieri” ruota intorno alla presunta Ingiustizia Assoluta di un interessamento istituzionale che privilegerebbe solo ed esclusivamente i detenuti “eccellenti” e quelli che vantano importanti relazioni familiari o sociali. Io so che il ministero della Giustizia e il suo attuale titolare, ma anche quello precedente, Paola Severino, in decine e decine di casi non si sono comportati affatto così: e hanno mostrato sollecitudine e hanno operato attivamente a favore di detenuti anonimi, privi di risorse materiali e immateriali, di avvocati e di tutele. Ma su questo già ha risposto e, se crede, risponderà ancora Annamaria Cancellieri. Qui mi preme evidenziare altro. Ovvero il fatto che, se la Ligresti ha ricevuto l'attenzione del ministro e - a seguire - del sistema dell'informazione e del parlamento, Manciaracina, Bottigliero e Di Sarno sono stati ignorati da tutti. E, insieme a loro, sono stati ignorati decine e decine di detenuti che patiscono condizioni assai simili. Per quanto riguarda l'informazione, a parte questo giornale, il Sole 24 Ore, il Manifesto, il Tempo, un articolo del Fatto e il settimanale Tempi, a quelle vite che si spengono in carcere è stata dedicata appena qualche riga nelle pagine locali di alcuni quotidiani. E dai quasi mille parlamentari - mi scuso anticipatamente in caso d'errore – solo una o due interrogazioni. Nessuna, sempre che non mi sbagli, è stata presentata da uno tra i moltissimi deputati e senatori che hanno pensato fosse brillante – forse addirittura esilarante – ripetere ad libitum la genialissima battuta sui “fortunati” che dispongono del telefonino del ministro. E nemmeno hanno presentato agguerritissime interrogazioni o hanno compiuto penetranti visite ispettive tutti quei parlamentari così tanto, ma così tanto “di sinistra”, e così tanto, ma così tanto “dalla parte dei cittadini”. E ovviamente non uno (ma bastava anche mezzo) di quei fichissimi super-garantisti che spuntano come funghi a destra. Si è palesata in tal modo, e fino in fondo, l'ipocrisia un po' oscena di tante parole udite nelle scorse settimane: a conferma del fatto che la pretesa battaglia egualitaria contro i privilegi di Giulia Ligresti dissimulava una assai diversa, e meno rispettabile, pulsione. Non una richiesta di eguaglianza che portasse l'anonimo detenuto, in caso di grave patologia, a ottenere quel trattamento che la legge prevede per lui come per Giulia Ligresti, bensì il livellamento anche di quest'ultima verso l'azzeramento delle garanzie e dei diritti. Per lei come per tutti i Vito Manciaracina d'Italia (per non parlare di quelli che, a loro disdoro, oltre che detenuti sono addirittura stranieri). Post scriptum. Sono decisamente un uomo all’antica. Lo deduco, tra l’altro, dallo stupore che mi coglie nell’apprendere che un connotato di forte identità di una componente del Partito democratico, quella che si vorrebbe di sinistra (ahi, quanti delitti si commettono in tuo nome), sarebbe rappresentato dalla richiesta imperiosa di dimissioni di Annamaria Cancellieri. Tale richiesta, va da sé, verrebbe fatta in nome della “legalità” . Che, poi, un comportamento ritenuto tanto scorretto da richiedere le dimissioni di un ministro, riguardi una detenuta riconosciuta incompatibile e “legalmente” scarcerata, sembra irrilevante; e che, ancora, il ministro sotto accusa sia quello che, forse, più ha fatto per modificare il nostro infernale sistema penitenziario, alla sinistra del Pd sembra interessare poco o punto. Ha ben altro a cui pensare.
Sempre vigili
mercoledì 13 novembre 2013
Carceri, c'è chi le sa gestire...E l'Italia ????
Pochi detenuti, celle in vendita
Perché la Svezia chiude 4 carceri
Da:L’Unità
13 novembre 2013
Un letto con una coperta colorata, le
pareti immacolate, la scrivania, gli scaffali con i libri. Non fosse per le
sbarre - ma anche quelle non sempre ci sono - sembrerebbe più la stanza di uno
studente che una cella. Vuota.
La Svezia chiude quattro carceri per assoluta mancanza di detenuti.
Due strutture probabilmente verranno messe in vendita, le altre saranno destinate ad usi governativi, ma potrebbero tornare in funzione se dovesse presentarsene la necessità. Eventualità quest’ultima che al momento appare piuttosto remota: dal 2004 la popolazione carceraria svedese è scesa dell’1 per cento all’anno, per precipitare di sei punti percentuali tra il 2011 e il 2012.
Non c’è stato nessun bisogno di indulto, né di eterne misure d’emergenza per sfoltire i detenuti. Mentre l’Italia si espone ad una procedura d’infrazione per l’affollamento in cella tale da rasentare la tortura, la Svezia tira le somme di una politica che ha puntato decisamente verso il recupero e il reinserimento sociale, considerato non solo sulla carta il reale obiettivo della pena carceraria. Per questo Nils Öberg, capo delle prigioni svedesi, ha potuto annunciare la chiusura degli istituti di Aby, Haja, Batshagen e Kristianstad: si aspetta che la tendenza rimanga la stessa anche nel prossimo futuro.
Ad alleggerire il sistema carcerario svedese non è stato solo l’approccio liberal e l’investimento sui detenuti come persone, che pure rimane la bussola - Öberg è il primo a sottolineare la necessità di non tirare i remi in barca. A rimpicciolire il numero dei detenuti è stata determinante l’indicazione della Corte suprema nel 2011 a favore di sentenze più leggere per reati di droga. La maggiore clemenza dei tribunali si è tradotta in meno 200 detenuti in un solo anno: non poco se rapportato ad una popolazione carceraria che l’anno scorso contava 4852 persone su 9 milioni e mezzo di abitanti. Sempre più spesso le corti svedesi si sono orientate a favore di pene alternative a quelle detentive per reati minori.
E così dal 2004 al 2012 il numero di detenuti per furto è sceso del 36% e di quelli per reati connessi alla droga del 25%, mentre si è ridotto (meno 12%) anche il numero dei condannati per crimini violenti. Durerà? Anche se non tirano conclusioni definitive, in Svezia si mostrano piuttosto fiduciosi.
Il risultato è di quelli che fanno sgranare gli occhi, specie se confrontato con il dramma di altri Paesi che si trovano a fare i conti con un numero di detenuti esponenziale. In cima alla lista ci sono gli Stati Uniti, che contano oltre 2,2 milioni di detenuti: 716 persone in cella ogni 100.000 abitanti. Un record assoluto anche confrontato a Paesi meno democratici, come la Russia (475 detenuti su 100.000 abitanti) e la Cina (121). È anche una questione di scelte politiche. Gli Stati Uniti hanno messo sul mercato anche le prigioni - per ragioni di cassa molte sono state privatizzate - e quando un detenuto produce una rendita alla società che ha in gestione il carcere è difficile che lo si lasci andare.
Dal 1980 ad oggi la popolazione carceraria negli Usa è aumentata del 790 per cento e i conti federali non sono migliorati: ogni anno si spendono 50 milioni di dollari per il sistema detentivo, una grossa fetta va ai privati. Malati mentali, piccoli delinquenti e pezzi da novanta finiscono in unico calderone che non salva nessuno. Anche l’Italia con i suoi 64.323 detenuti strizzati in celle che potrebbero contenerne meno di 50.000 ha i suoi guai e - anche se non considera i detenuti come merce - torna ciclicamente al bivio dell’indulto, specie se Bruxelles incalza. Questione di scelte, anche questa.
La Svezia chiude quattro carceri per assoluta mancanza di detenuti.
Due strutture probabilmente verranno messe in vendita, le altre saranno destinate ad usi governativi, ma potrebbero tornare in funzione se dovesse presentarsene la necessità. Eventualità quest’ultima che al momento appare piuttosto remota: dal 2004 la popolazione carceraria svedese è scesa dell’1 per cento all’anno, per precipitare di sei punti percentuali tra il 2011 e il 2012.
Non c’è stato nessun bisogno di indulto, né di eterne misure d’emergenza per sfoltire i detenuti. Mentre l’Italia si espone ad una procedura d’infrazione per l’affollamento in cella tale da rasentare la tortura, la Svezia tira le somme di una politica che ha puntato decisamente verso il recupero e il reinserimento sociale, considerato non solo sulla carta il reale obiettivo della pena carceraria. Per questo Nils Öberg, capo delle prigioni svedesi, ha potuto annunciare la chiusura degli istituti di Aby, Haja, Batshagen e Kristianstad: si aspetta che la tendenza rimanga la stessa anche nel prossimo futuro.
Ad alleggerire il sistema carcerario svedese non è stato solo l’approccio liberal e l’investimento sui detenuti come persone, che pure rimane la bussola - Öberg è il primo a sottolineare la necessità di non tirare i remi in barca. A rimpicciolire il numero dei detenuti è stata determinante l’indicazione della Corte suprema nel 2011 a favore di sentenze più leggere per reati di droga. La maggiore clemenza dei tribunali si è tradotta in meno 200 detenuti in un solo anno: non poco se rapportato ad una popolazione carceraria che l’anno scorso contava 4852 persone su 9 milioni e mezzo di abitanti. Sempre più spesso le corti svedesi si sono orientate a favore di pene alternative a quelle detentive per reati minori.
E così dal 2004 al 2012 il numero di detenuti per furto è sceso del 36% e di quelli per reati connessi alla droga del 25%, mentre si è ridotto (meno 12%) anche il numero dei condannati per crimini violenti. Durerà? Anche se non tirano conclusioni definitive, in Svezia si mostrano piuttosto fiduciosi.
Il risultato è di quelli che fanno sgranare gli occhi, specie se confrontato con il dramma di altri Paesi che si trovano a fare i conti con un numero di detenuti esponenziale. In cima alla lista ci sono gli Stati Uniti, che contano oltre 2,2 milioni di detenuti: 716 persone in cella ogni 100.000 abitanti. Un record assoluto anche confrontato a Paesi meno democratici, come la Russia (475 detenuti su 100.000 abitanti) e la Cina (121). È anche una questione di scelte politiche. Gli Stati Uniti hanno messo sul mercato anche le prigioni - per ragioni di cassa molte sono state privatizzate - e quando un detenuto produce una rendita alla società che ha in gestione il carcere è difficile che lo si lasci andare.
Dal 1980 ad oggi la popolazione carceraria negli Usa è aumentata del 790 per cento e i conti federali non sono migliorati: ogni anno si spendono 50 milioni di dollari per il sistema detentivo, una grossa fetta va ai privati. Malati mentali, piccoli delinquenti e pezzi da novanta finiscono in unico calderone che non salva nessuno. Anche l’Italia con i suoi 64.323 detenuti strizzati in celle che potrebbero contenerne meno di 50.000 ha i suoi guai e - anche se non considera i detenuti come merce - torna ciclicamente al bivio dell’indulto, specie se Bruxelles incalza. Questione di scelte, anche questa.
Sempre vigili
martedì 5 novembre 2013
Vada a lavorare!!
"Vada a lavorare "!
Busi, il problema è: cosa sa fare??????????
Che tipo di lavoro può cercare?
La risposta è semplice e scontata...
Sa fare solo la mantenuta...della politica, del padrone,da noi...
Non sono i toni di Busi che devono essere criticati, o che ci devono inorridire, siamo noi che abbiamo permesso a queste mezze cartucce di parlare per venti anni!
Nessuno ha avuto mai il coraggio di dire a questa signora, che ha distrutto la scuola italiana, di smettere di blaterare, di presentarsi alle varie trasmissioni vendendo mistificazioni e oscenità.
Sempre senza contraddittorio,con quell'aria un pò così,da monaca dismessa, è riuscita,e con lei i suoi compari, a calcare la scena spudoratamente,anche quando si è diffusa la notizia di dove era andata a dare l'esame di stato...
Cos'è alterigia,altezzosità,boria o impudenza ciò che la pervade?
Non si spiega,o meglio, si spiega benissimo,sono sempre stati tutti "paculi " per dirla con Busi...
Ma ormai non è più tempo di paraculismi, nè di mezzi toni,è tempo di dire ciò che c'è da dire: andate via!!!!!!!!!
Questo paese ha bisogno di "menti" non di parassiti puzzolenti capaci solo di succhiare il sangue.
Sì, vai a lavorare e vediamo se riesci a mantenerti...
Non andare da sola però, lasciati accompagnare dai tuoi compari..
Vai all'estero come tanti giovani a cui hai rubato il posto e che grazie alla vostra politica incapace, caciarona e ladra non trovano lavoro...
La tua spocchia e la tua vanagloria ci sono costate fin troppo, è ora di finirla...
Sempre vigili
lunedì 28 ottobre 2013
Carceri...Non stare a guardare,agisci...
La Toscana si fa portavoce di una iniziativa interessante che potrebbe risolvere situazioni difficile e inumane nelle nostre carceri...e le altre Regioni???????????
“Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.”
[Martin Luther King]
[Martin Luther King]
Leggo e pubblico...
da: "La Nazione"
«Presidente,
svuotiamo le carceri» La Toscana lancia l’idea-modello
Rossi scrive a
Napolitano: «Trasferiremo 300 detenuti in sei mesi»
Gli istituti di
pena regionali hanno una capienza massima di 3261carcerati ma registrano
4.168 presenze
di Sandro Bennucci
Firenze, 28 ottobre
2013 - «HO SENTITO il dovere di rispondere al messaggio inviato alle Camere dal presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, scrivendo a
lui e al ministro della giustizia, Annamaria Cancellieri: se la
proposta che faccio verrà accolta, nel giro di 6 mesi saranno avviati a misure alternative (arresti domiciliare o affidamento in prova) almeno 300 tossicodipendenti
detenuti in Toscana».
Preoccupato? No, Enrico Rossi è addirittura sconvolto dalle cifre che rimbalzano sul suo tavolo: gli istituti penitenziari di questa regione rischiano di esplodere. Hanno una capienza massima di 3.261carcerati ma in realtà, ormai da tempo, registrano 4.168 presenze. Sovraffollamento inumano,oltre che pericoloso. Capace di forti stati di disagio, con forme di violenza incontrollabili. Fino ai suicidi.
Preoccupato? No, Enrico Rossi è addirittura sconvolto dalle cifre che rimbalzano sul suo tavolo: gli istituti penitenziari di questa regione rischiano di esplodere. Hanno una capienza massima di 3.261carcerati ma in realtà, ormai da tempo, registrano 4.168 presenze. Sovraffollamento inumano,oltre che pericoloso. Capace di forti stati di disagio, con forme di violenza incontrollabili. Fino ai suicidi.
Ci sono 907
detenuti in più, di cui almeno 300 potrebbero uscire
beneficiando delle misure alternative. Infatti, ben 1.186 reclusi sono
conseguenza della legge Giovanardi-Fini, che mette marijuana e hashish sullo
stesso piano di cocaina ed eroina e reintroduce il limite di quantità, oltre il
quale l’uso personale diventa spaccio. Rossi pensa che la revisione della Giovanardi-Fini abbia più efficacia di un provvedimento di amnistia o indulto. Ma c’è il
rischio che passi molto tempo prima che la maggioranza parlamentare che
sostiene il governo Letta, così divisa sui temi della giustizia, possa trovare
un faticoso accordo. Da qui la
«mano tesa» della Toscana: l’iniziativa che, portava avanti insieme agli uffici regionali del Dap
(Dipertimento dell’amministrazione penitenziaria) e al Ministero potrebbe trasferire
i detenuti tossicodipendenti in strutture di accoglienza più adeguate. Con la
collaborazione della Regione.
Presidente Rossi, lo sa che in Parlamento
giacciono varie proposte «svuota carceri»?
«Sì, ma a quanti pestaggi e a quanti suicidi dovremmo ancora assistere prima che si faccia qualcosa di veramente concreto? C’è un’emergenza alla quale bisogna porre rimedio in tempi brevissimi. Anche le Regioni devono avvertire il richiamo di Napolitano: la Toscana è pronta a fare la sua parte e a farsi carico di un esperimento che potrebbe poi essere esportato in tutt’Italia».
Ma a chi spetterebbe, praticamente, la decisione di avviare i detenuti tossicodipendenti alle misure alternative?
«Il progetto dovrà essere costruito insieme al Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza. Ma naturalmente sarà il magistrato, in piena autonomia, valutare le condizioni giuridiche, caso per caso».
Considerata la scarsità di spazi (mancano anche residenze protette per anziani e disabili) dove pensa di ricavare 300 posti per persone che, comunque, dovranno essere sorvegliate?
«Almeno 30-40 posti saranno disponibili, già da novembre, in strutture gestite da organizzazioni aderenti al coordinamento delle comunità di accoglienza. Gli altri saranno progressivamente a disposizione anche fra quelle che abbiamo usato per l’emergenza profughi del Nord Africa. La Regione Toscana è disponibile ad assumersi gran parte delle spese di questo progetto che stimiamo possano raggiungere i 4 milioni l’anno».
Ci sono molte emergenze in questo momento, compresa quella idrogeologica, che vede la Toscana periodicamente devastata da frane e alluvioni: perchè lei mette in cima alla sua agenda il sovraffollamento delle carceri che è competenza dello Stato?
«Per una questione di civiltà, oltre che di ordine pubblico. La Regione non può far finta di non vedere quello che succede a Sollicciano, a Livorno e in altri istituti di pena strapieni. Del resto, l’assistenza sanitaria è nostra. Noi interveniamo nelle carceri per fornire i materassi e il loro periodico rinnovo, oltre a un kit igienico per i detenuti. E a Firenze, alla Madonnina del Grappa fondata da don Facibeni, stiamo realizzando una casa famiglia per le mamme carcerate a Sollicciano, con l’obiettivo di ospitarle insieme ai loro bambini da zero a tre anni. Perchè non è giusto che degli innocenti, così piccini, vivano da reclusi».
Quale segnale aspetta dal ministro Cancellieri?
«Che dia il via libera a un accordo di programma Ministero-Regione Toscana. Entro qualche settimana si potrebbe fare il primo trasferimento di una trentina di detenuti. Penso che, nel giro di 6 mesi, 300 tossicodipendenti possano lasciare il carcere. Anche così si risponde allo spirito del messaggio di Napolitano».
«Sì, ma a quanti pestaggi e a quanti suicidi dovremmo ancora assistere prima che si faccia qualcosa di veramente concreto? C’è un’emergenza alla quale bisogna porre rimedio in tempi brevissimi. Anche le Regioni devono avvertire il richiamo di Napolitano: la Toscana è pronta a fare la sua parte e a farsi carico di un esperimento che potrebbe poi essere esportato in tutt’Italia».
Ma a chi spetterebbe, praticamente, la decisione di avviare i detenuti tossicodipendenti alle misure alternative?
«Il progetto dovrà essere costruito insieme al Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza. Ma naturalmente sarà il magistrato, in piena autonomia, valutare le condizioni giuridiche, caso per caso».
Considerata la scarsità di spazi (mancano anche residenze protette per anziani e disabili) dove pensa di ricavare 300 posti per persone che, comunque, dovranno essere sorvegliate?
«Almeno 30-40 posti saranno disponibili, già da novembre, in strutture gestite da organizzazioni aderenti al coordinamento delle comunità di accoglienza. Gli altri saranno progressivamente a disposizione anche fra quelle che abbiamo usato per l’emergenza profughi del Nord Africa. La Regione Toscana è disponibile ad assumersi gran parte delle spese di questo progetto che stimiamo possano raggiungere i 4 milioni l’anno».
Ci sono molte emergenze in questo momento, compresa quella idrogeologica, che vede la Toscana periodicamente devastata da frane e alluvioni: perchè lei mette in cima alla sua agenda il sovraffollamento delle carceri che è competenza dello Stato?
«Per una questione di civiltà, oltre che di ordine pubblico. La Regione non può far finta di non vedere quello che succede a Sollicciano, a Livorno e in altri istituti di pena strapieni. Del resto, l’assistenza sanitaria è nostra. Noi interveniamo nelle carceri per fornire i materassi e il loro periodico rinnovo, oltre a un kit igienico per i detenuti. E a Firenze, alla Madonnina del Grappa fondata da don Facibeni, stiamo realizzando una casa famiglia per le mamme carcerate a Sollicciano, con l’obiettivo di ospitarle insieme ai loro bambini da zero a tre anni. Perchè non è giusto che degli innocenti, così piccini, vivano da reclusi».
Quale segnale aspetta dal ministro Cancellieri?
«Che dia il via libera a un accordo di programma Ministero-Regione Toscana. Entro qualche settimana si potrebbe fare il primo trasferimento di una trentina di detenuti. Penso che, nel giro di 6 mesi, 300 tossicodipendenti possano lasciare il carcere. Anche così si risponde allo spirito del messaggio di Napolitano».
L'indifferenza e il disinteresse sono solo due dei tanti problemi di questa realtà che dobbiamo combattere...
Sempre vigili
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