FRAGOROSO SILENZIO

domenica 30 dicembre 2012

L’Italia non può cambiare!





Ma si vuole il cambiamento? Chi lo vuole? Chi si adopera perché questo avvenga?
E l’anno che verrà, sarà un anno di cambiamento?
"Estremamente breve e travagliata è la vita di coloro che dimenticano il passato, trascurano il presente, temono il futuro; giunti al momento estremo, tardi comprendono di essere stati occupati tanto tempo senza concludere nulla" Seneca.
L’Italia è un paese strano,è stato detto tante volte,ma io pensavo che questo lungo periodo di “scarsa” democrazia avesse insegnato ai più la strada da seguire. Un anno perso.
Nel 1994 si è detto: è finita la prima Repubblica e inizia la seconda, ma niente è cambiato;oggi si dovrebbe dire finita la seconda, inizia la terza...e non cambia granchè...
Ogni giorno assistiamo ad un pessimo balletto,uno spettacolo dei più deprimenti,uno spettacolo che fa impallidire anche i più coriacei...
Scendo,salgo,scendo,salgo...l’ambiguità come caratteristica politica,l’ambiguità come potere,l’ambiguità che trattiene i due politicanti...
Ora però è tutto chiaro,la ritrosia finta di Monti e il gioco sempre sporco di Berlusconi.                                                                                                                                                                                                                       
Quando, qualcuno scenderà in politica e basta?
E la chiesa sposa Monti...
Anche perché è stata ricostruita la vecchia DC... e invece molti credono al rinnovamento...ma il rinnovamento può essere una agenda che detta regole e percorsi che non rincorrono lavoro,disoccupazione,giovani e immigrati?
Questo perché cambiano i simboli dei partiti,i nomi, ma non le persone,le facce sono sempre le stesse...e gli interessi personali anche...C’è chi capisce e chi non capisce...
Non basta fare un semplice “restauro” per cambiare le cose.
Dovremo subire una campagna elettorale basata sulla confusione;la sommatoria dei tanti partiti non fa chiarezza, anzi...e la gente non comprende chi e cosa si voglia fare per arginare tanta difficoltà economica e sociale di questo paese...e le disuguaglianze ?
E la vecchia storia si ripete,ma questa volta con un particolare in più e che non è trascurabile,la scesa in campo di tanti magistrati...
Magistrati impegnati in diverse inchieste sulla politica e su politici,oggi cercano di entrare in politica...che gran confusione di ruoli!!!!!!!!
Perché?
Esempio: Ingroia, nell’intervista rilasciata a Repubblica,nel 2011, dice una frase sibillina: “Fino a quando potrò fare il magistrato in autonomia e con serenità non lascerò mai il mio lavoro”
Cosa vuol dire?Già si capisce la sua discesa?
Questi magistrati dovrebbero combattere per una giustizia uguale per tutti,così si spiegava la scesa in politica di Di Pietro che voleva un’azione moralizzante della politica e invece... di De Magistris...che voleva portare in Europa il problema della giustizia nel nostro paese,ma anche lui ha dimenticato,in breve tempo, le promesse fatte ai cittadini...così il problema della  giustizia è stato abbandonato da tutti,anche perché per anni è stato un problema di una persona e il Parlamento ha lavorato per lui...
E’ vero che questo tema non ha attrattiva in campagna elettorale,ma è un grosso problema,un problema che investe la comunità civile “reale”...
Non c’è giustizia quando si arrestano,si picchiano, si denunciano i dissidenti,gli studenti, i lavoratori...è vero che in questo paese  si scambia la giustizia per l’ordine pubblico,e a questi signori fa comodo così...si cavalca l’onda della insicurezza, della paura...ma quando si legittima la maggior importanza di un bancomat rispetto ad una vita umana,stiamo parlando ancora di giustizia uguale per tutti?
Quando si lasciano morire in carcere cittadini che hanno solo giocato male un periodo della loro vita e si rinchiudono in carceri che umiliano la dignità umana, si sta ancora parlando di giustizia?
Quando cittadini devono salire sui tetti,murarsi in miniere,suicidarsi,per il lavoro ,parliamo ancora di giustizia?
Allora questi magistrati avrebbero tanto da fare nei loro ruoli,questa confusione non giova al paese né  a noi cittadini.
E’ vero i magistrati hanno il diritto di candidarsi perché liberi cittadini;è vero anche  che in Italia fa più scalpore la candidatura di un magistrato che di imperterriti mafiosi,ma per gli impegni presi e consoni al loro ruolo il discorso si fa più complesso per i magistrati, mi sembra...
Anche Grasso piange...
Il paese delle finte lacrime...eppure ci sarebbe veramente da piangere...
Intanto per disquisire su questi temi,la politica,i giornali,i media... non  parlano dei problemi pratici delle persone,di certo l’anno che verrà porterà una valanga di aumenti,questi sì reali, che si abbatteranno sui cittadini...prepariamoci a questo,il resto è noia...
“guai a quel popolo che fa dei suoi giudici eroi e si affida a chi confonde giudizio e giustizia e si fida\ guai a quel popolo che fa dei suoi giudici eroi e si fida di chi nasconde un altro inganno all'inganno mi sorprendo freddo questa volta ho solo voglia di rivolta e non importa se è il volo di un sogno o solo il sogno di un volo se solo questo giorno durasse in eterno se solo questo giorno durasse in eterno”...Sud,Assalti Frontali

Sempre vigili



venerdì 14 dicembre 2012

La mia generazione ha perso...









 Mi sembra di vivere dentro un film...
Uno di quei film “scemi” girati per non farti pensare,per non farti riflettere che ti riportano in un tempo che non c’è più,in un tempo stantio che puzza di ambiguità e superficialità...
Un film per perdere tempo...e noi di tempo non ne abbiamo invece; dobbiamo “muoverci” perché la gente vive male,anzi sopravvive...abbiamo una società in affanno,una società che annaspa,che avvilisce i più, dominata da disillusioni e da mugugni incattiviti...ingombra di malanni, dall’antipolitica al populismo,dalla deriva tecnica allo sbando politico,spopolata di sani propositi,
una società “mancante” di prospettive future che preclude un destino ineluttabile...e che cerca nelle elezioni anticipate,anche se di poco, la panacea dei suoi mali...ma la frammentazione politica in atto e l’ambiguità delle proposte non la induce a intravedere alcuna soluzione ai tanti mali,anzi...
In politica domina l’isteria e il narcisismo,nella società “concreta” il dissenso ( come in alcuni movimenti) che spesso viene severamente punito,sintomo di “male intesa” democrazia...
E se ci guardiamo intorno...non v’è dubbio... lo sconforto fa da padrone...
Il lavoro è una chimera per molti;le carceri sono un dramma nel dramma e si continua a morire nell’indifferenza totale;le morti sul lavoro sono una realtà che opprime; c’è gente senza casa e case senza gente;persone che non entrano nei supermercati,si fermano ai cassonetti fuori;la lista potrebbe continuare...
Alla presentazione di un libro si decide il destino di un paese?
E continuano a parlare,a parlare con parole vuote,fanno solo i gargarismi!!!!!
Cosa pensano che pensiamo? E mi sembra che non si preoccupino!
C’è chi crede a Babbo Natale?
Sempre vigili

Destra Sinistra,Giorgio Gaber

Tutti noi ce la prendiamo con la storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando parla di sinistra o destra.

Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

Fare il bagno nella vasca è di destra
far la doccia invece è di sinistra
un pacchetto di Marlboro è di destra
di contrabbando è di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Una bella minestrina è di destra
il minestrone è sempre di sinistra
tutti i films che fanno oggi son di destra
se annoiano son di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Le scarpette da ginnastica o da tennis
hanno ancora un gusto un po' di destra
ma portarle tutte sporche e un po' slacciate
è da scemi più che di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

I blue-jeans che sono un segno di sinistra
con la giacca vanno verso destra
il concerto nello stadio è di sinistra
i prezzi sono un po' di destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
I collant son quasi sempre di sinistra
il reggicalze è più che mai di destra
la pisciata in compagnia è di sinistra
il cesso è sempre in fondo a destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
La piscina bella azzurra e trasparente
è evidente che sia un po' di destra
mentre i fiumi, tutti i laghi e anche il mare
sono di merda più che sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

L'ideologia, l'ideologia
malgrado tutto credo ancora che ci sia
è la passione, l'ossessione
della tua diversità
che al momento dove è andata non si sa
dove non si sa, dove non si sa.

Io direi che il culatello è di destra
la mortadella è di sinistra
se la cioccolata svizzera è di destra
la Nutella è ancora di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Il pensiero liberale è di destra
ora è buono anche per la sinistra
non si sa se la fortuna sia di destra
la sfiga è sempre di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Il saluto vigoroso a pugno chiuso
è un antico gesto di sinistra
quello un po' degli anni '20, un po' romano
è da stronzi oltre che di destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

L'ideologia, l'ideologia
malgrado tutto credo ancora che ci sia
è il continuare ad affermare
un pensiero e il suo perché
con la scusa di un contrasto che non c'è
se c'è chissà dov'è, se c'é chissà dov'é.

Tutto il vecchio moralismo è di sinistra
la mancanza di morale è a destra
anche il Papa ultimamente
è un po' a sinistra
è il demonio che ora è andato a destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
La risposta delle masse è di sinistra
con un lieve cedimento a destra
son sicuro che il bastardo è di sinistra
il figlio di puttana è a destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Una donna emancipata è di sinistra
riservata è già un po' più di destra
ma un figone resta sempre un'attrazione
che va bene per sinistra e destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

Tutti noi ce la prendiamo con la storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando parla di sinistra o destra.

Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...


sabato 8 dicembre 2012

Tempori serviendum est...(Bisogna obbedire ai tempi)




Così gli antichi...
Tempori serviendum est...(Bisogna obbedire ai tempi)
Ma è ancora vero?
Non sono un economista né un politico;non sono un esperto di finanza,ma sono un perfetto conoscitore della mia condizione di cittadino di un paese allo sbando. E’ un anno o poco più che gran parte degli italiani parteciparono ai festeggiamenti per l’uscita dalla scena del Cavaliere oscuro che annaspava tra le tante oscenità compiute; oggi forse gli stessi non ricordano più. Gli italiani hanno una breve, molto breve memoria,poco funzionante? Ciò che meraviglia è questo ritorno al passato,questo revival inutile e dannoso. Nel 2011 tra i fantasmi molto reali di un tracollo generale avevamo,in sintesi, da una parte Bersani e dall’altra Berlusconi...Cosa cambierà fra qualche mese? Nulla. Siamo al punto di partenza. Possibile che gli italiani abbiano dimenticato?
In questo anno abbiamo assistito a goffi tentativi di cambiamento,di rinnovamento,a giochi di partito che offendevano l’intelligenza dei tanti italiani attenti...uscite di scena,proclami d’amore per il paese,allontanamenti momentanei miranti a illudere chi di dovere. E il segretario fedele di Berlusconi aveva accolto tutto ciò come verità,tanto che si era prodigato a proclamare regole e principi da seguire nelle improbabili,ma non per lui,primarie...Grave errore di valutazione...
Ma l’assunto del cavaliere:”Qui comando io e questa è casa mia”, ha spazzato ogni velleità di Alfano riconducendolo al ruolo di semplice esecutore degli ordini divini...Il PADRONE è tornato!
Il cavaliere, secondo gli esperti, può risvegliare l’elettorato silente del centro destra,può ricompattare il suo popolo,può riconquistare il favore di tanti che,stanchi di Monti,gli riconosceranno lo stato di salvatore...
Ed è uno scenario vecchio e stantio...
Possibile che quegli elettori non si siano indignati per le condanne avute da questo signore ,le leggi ad personam,le inchieste che lo vedono pesantemente coinvolto, le porcate fatte in nome del suo potere,del suo assenso a tutte le manovre e da lui votate,del governo Monti?
Pare di si...
Bersani, l’usato sicuro... ma perché gli altri vi sembrano nuovi di zecca? Tutti arzilli vecchietti che,in nome dell’esperienza,non abbandonano il campo...e la storia si ripete...
Gli italiani si aspettavano dal Parlamento almeno una nuova legge elettorale per ridare un po’ d’ossigeno a questa democrazia malata,neanche quella...e perché poi? Non potrebbero candidare chi vogliono... FORSE rischiano un pauroso flop...?
Gli italiani dimenticano in fretta...anche le ruberie,gli scandali,gli inganni...sono anni che PDL e PD non mostrano prospettive nuove, idee funzionali, strategie efficaci...
Faticano a rinnovarsi,di fatto sono tutti tradizionalisti e conservatori,per non dire anti rinnovamento.
Questo atteggiamento offre cibo e forza a Grillo,potenziale dissacratore della staticità.
Ma quale campagna elettorale ci aspetta?La solita...
Berlusconi cavalcherà l’onda della disperazione di chi non ce la fa più,diffonderà la paura del tracollo,prometterà lavoro e meno tasse,sarà contro l’Europa,contro l’Euro...parlerà di nuovo alla pancia degli italiani...che orfani di ideologie e principi lo seguiranno.
Bersani lo ostacolerà mettendo in risalto le difficoltà di un paese fuori dell’Europa, punterà sulle cose dette dopo le primarie...
«Adesso io credo di sapere qual è il mio compito. A cominciar da domani devo fare due cose: riuscire a dare un forte profilo di governo e di cambiamento al centrosinistra. E poi devo predisporre i percorsi e gli spazi per dare occasione alla nuova generazione. Sono le due cose che devo fare, e le farò. Già da domani mi metterò all'opera: partirò per la Libia, a incontrare il nuovo governo libico, perché l'Italia si riappropri di un suo ruolo in termini politici, morali, culturali, economici nell'Area del Mediterraneo. Quella è casa nostra». 
«Ma ne avrò un'altra da proporvi. Noi dobbiamo vincere (contro il centrodestra, ndr), ma non si può vincere a qualsiasi prezzo; non si può vincere raccontando favole, perché poi non si governa. E siccome in un Paese come il nostro la mamma del populismo e della demagogia è sempre incinta, noi dobbiamo  vincere senza raccontare favole. Non sarà semplice, ma il Paese ha bisogno di questo. Non possiamo ignorare che siamo di fronte alla più grave crisi dal dopoguerra a oggi. Abbiamo problemi enormi, a cominciare dal lavoro. Non abbiamo tempo di riposarci, anche se un paio di giorni ve li do... Poi si comincia con la battaglia vera. Mettiamoci un po' di convinzione, di serenità, di decisione e di allegria».
Se ha capito il suo compito non lo so,so di certo che in questo paese occorre fare un’operazione di modernizzazione radicale, nelle idee,nella formazione,nella trasparenza delle azioni,nel far progredire la democrazia,nel far alzare un vento di sinistra...per me che non voglio morire democristiana...
E quindi gli dico...
... mi raccomando..fai l’abitudine ad amarla la democrazia e dalle,se puoi, una forma concreta... perché se si ama la democrazia si devono combattere i suoi nemici che spesso sono quelli che non l’attaccano apertamente ma che diffondono idee sbagliate.


Sempre vigili


domenica 2 dicembre 2012

Prof,ti posso parlare?










Ogni mattina entro in classe e mi manca l’aria...27 banchi ammassati,uno accanto all’altro,una stanza che impietosamente sembra urlare il peso che sopporta e mi sembra di sentire quei muri che cercano di spostarsi per fare posto a ragazzi in crescita,a gambe che devono innaturalmente contorcersi per stare sotto un banco troppo basso...
Fogli di quaderno incollati ai vetri delle finestre per ripararsi dal sole che, quando picchia forte,rende la stanza un solarium, ma che non ti fanno vedere il cielo azzurro o le nuvole che si rincorrono in un pazzo gioco di prendi e fuggi...è negato anche fantasticare con il cielo.
E allora li guardo quei ragazzi adolescenti persi nel campo dello smarrimento,penso a cosa potrei inventarmi (senza l’assillo dei programmi),per rendere meno difficile la permanenza in quell’ambiente foriero di insofferenza fisica e psicologica.
E’ vero, la mia nota “corrispondenza d’amorosi sensi”con loro va a scontrarsi con il quasi “nulla eterno” gettato sulla scuola,ma le loro facce,le loro richieste d’aiuto,le loro,nonostante tutto, risate mi spingono ad essere un attento “facilitatore” della giornata scolastica e del loro andare oltre...
Oltre quei muri scarni e opachi,quelle finestre impecettate,quei banchi inadeguati...
Così eccoci a parlare di “illusioni”, di sentimenti ed emozioni che raccontano l’iniziazione alla vita; di poesie che narrano un mondo interiore d’amore e trasformano,a volte, il dolore in un compagno di ore passate in camera a messaggiare a chi non ti guarda.
E parliamo,quotidiano alla mano,di ciò che accade fuori quell’aula, di ciò che racconta il mondo che stenta a farsi comprendere da questi ragazzi che sono lontani da giochi di potere, da ambiguità tutte adulte,da prevaricazioni e abusi contestabili dalla loro schiacciante logica. Non so spiegare perché l’uomo sia così violento,così profittatore e ingiusto,così poco attento all’altro. Basterebbe dire che la “vita”ti cambia negativamente? No, non ci credo io,come potrei dirlo a loro? Si accorgerebbero della mia incoerenza,mi conoscono.
Così faccio ricorso a tutta la mia eloquenza,alla mia esperienza perché voglio che quando suona la campana il loro “grande sentire” sia appagato e rasserenato e siano forti per affrontare ciò che sta fuori.
Sempre mi domando: quanti tentennamenti, quante perplessità albergano nelle loro giovani menti? Quale bagaglio caricano sulle spalle insieme a quello zaino colorato e abbellito da un’infinità di pupazzi che fanno loro compagnia? Così penso che il problema di uno spesso è “solo” di quell’uno ed è difficile ascoltarlo e comprenderlo...
Hanno tutti bisogno di ascolto,di attenzione,di comprensione...di rispetto per quel mondo che stanno “consumando” e che è difficile da capire.
Sono convinta che la scuola sia il “luogo” dove si impara ad amare,a vivere...
Questa vita però ,per loro, spesso è cattiva,è ingiusta,è sofferenza.
Così quando vedo nascosta tra i giubbotti una faccia rigata dalle lacrime, mi si stringe il cuore e vorrei trasformare quelle lacrime in luminosi brillanti, e risanare, con certezze, quel cuore incerto.
Le lacrime però continuano a scendere e quando,in punta di piedi, mi avvicino non per sminuire o aggravare il pianto, con voce rotta mi dice: Prof, ti posso parlare?
Ed eccoci fuori,in corridoio,quel corridoio freddo più del freddo che mi sento dentro,ma ho altro da fare che “sentire” il mio freddo. Mi dispiace,vorrei offrirle un angolo confortevole,un angolo accogliente dove la sua disperazione possa lasciare il posto alla serenità...Quale serenità?
Così scopro che ci sono problemi di lavoro in famiglia...
Una storia come tante nel nostro paese...cassa integrazione,tanti figli,mancanza di denaro,paura per il futuro,incertezza sul da farsi,paura per il domani che è già oggi...
Allora sento la rabbia crescere come un fiume in piena verso un paese bugiardo e iniquo che continua a massacrare i lavoratori e a premiare i fannulloni.
Ma il mio disincanto e la mia rabbia devono nascondersi di fronte a quei singhiozzi disperati,di fronte agli occhi “indagatori” di questa ragazza che sembra schiacciata da un peso che non si è procurata,ma che deve portare per altrui responsabilità,responsabilità di chi ci governa?
A scuola non si fa politica, non ci si schiera da una parte o dall’altra,ma io mi schiero con chi è disperato e cerco di sconfiggerla questa disperazione...ma l’impresa si mostra sempre più ardua...
Cosa devo dire a lei che non riesce a capire perché la sua realtà sia stata così stravolta?
La mia mente ascolta,il mio cuore impreca...
E ripenso ai nostri vecchi che hanno lottato per avere un lavoro,per migliorarlo,per l’uguaglianza e la libertà di pensiero e azione...e mi viene in mente Battiato con la sua
Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! 
Questo paese è devastato dal dolore... “
Ma le lacrime continuano a scendere e le parole dette sembrano mal ritmate come un motore rotto...Penso che le sue lacrime e le sue parole sono così simili a quelle dette  dai lavoratori in mobilitazione che per gridare il loro dissenso sono stati malmenati,denunciati,arrestati...ma lei è quasi una bambina...e si trova a soffrire come un adulto per qualcosa che comprende molto bene: povertà.
Tante parole si affollano nella mia mente, come scegliere quelle giuste? Molte sono parole intrappolate in vecchi schemi, sono ovvie e lei ha bisogno di parole piene,di parole capaci di alleviare la sofferenza. Io dovrei parlar loro per stimolarli alla ricerca della felicità, della gioia,del futuro,oggi devo parlare per allontanare la sofferenza...
E come si fa?
Mi vengono in mente parolacce colorite ed efficaci...tutte rivolte ad una realtà che annienta,che annichilisce ma queste le devo “ricacciare” in un piccolo angolo della mia anima già troppo ingombra di dolore...
E mi sento responsabile di fronte a lei,io adulta non ho parole “grandi” per colmare quel vuoto che si è impossessato del suo cuore,e forse sono responsabile anch’io di questa società...Siamo tutti responsabili di tutto,anche se non vogliamo,possiamo girare la testa dall’altra parte e far finta di non vedere, ma sappiamo bene che stiamo sbagliando...
Ascolto e la mia mente abbandona il cuore che prepotentemente mi trascina sulla strada della ribellione,devo essere lucida e razionale per portarmi accanto a questa ragazza che ha bisogno di me e di ciò ho da dire.
Le parole si mescolano, si scontrano,si combattono, si incontrano e mi sembrano giuste,ma poi si perdono perché tutto sembra inutile, sembra “poco” di fronte a lei. Allora abbandono la mente e dò spazio al mio cuore...
Non mi vergogno, non c’è distanza,c’è solo amore...
L’abbraccio stretta e sento il suo cuore tumultuoso e forte; colgo la sua inquietudine, le dico solo: sono con te, ci sarò sempre, non avere paura,non ti allontanare,resta aggrappata ai tuoi sogni, alle tue speranze anche se ora ti sembrano inutili e lontane. Non perdere i colori,ti aiuteranno a muoverti nel buio. Tendi la mano a chi ti è vicino con amore, insieme si supera la difficoltà e apri il tuo cuore sempre imparerai a riconoscere la tua grande capacità di farcela. Credici, abbandona l’incertezza e credi in giorni nuovi, in giorni in cui il pensare non ti farà male.
Le faccio una carezza sul viso bagnato, una carezza che sa di complicità, di condivisione...e dal mio bracciale  si sgancia un piccolo cuore che avevo trovato tempo fa... un messaggio da qualcuno che non c’è più...così mi era piaciuto interpretarlo...L’ho raccolto e messo nelle sue mani...lo ha stretto
 e : Prof, ti voglio bene!
Il mio cuore fa le capriole...
E’ suonata la campana...cambio insegnante... disciplina...ma per lei è cambiato qualcosa?
Sono uscita, seduta sulle scale ho acceso una sigaretta e in quelle nuvole di fumo ho visto la precarietà della vita, una sensazione di vuoto mi ha “avvolto...
Quanto male ci sta facendo questa società?Quanta sofferenza? Siamo diventati tutti solisti...L’umanità invece dovrebbe essere una grande orchestra che suona insieme!!!!!!!!!!
Ripenso ai ragazzi che sono lì,in classe, e li vedo ...e poi li immagino grandi,disillusi,preoccupati a gridare nelle piazze contro un mondo crudele,e poi vedo quelle teste rotte dai manganelli, a quelle violenze perpetrate gratuitamente,volute da chi da anni gli sta togliendo tutto,anche la bellezza e la spensieratezza dell’adolescenza...
Devo cercare di capire, di riflettere,ho tanto da riflettere...
E mi vengono in mente le bellissime riflessioni di Mariapia Veladiano in “Il tempo è un Dio breve”...

Sempre vigili



mercoledì 28 novembre 2012

Cara dignità quanto vogliono distruggerti...e se è lo Stato a farlo chi lo condanna?








Leggo e pubblico...è il caso di leggere attentamente e riflettere...
Quando si impara dai giovani ...

 Da:http://www.unicommon.org/

Si parte e si torna insieme - Racconti dal carcere
TUESDAY, 27 NOVEMBER 2012 18:56 NATASCIA GRBIC

Ci ho messo un po’ a decidere di buttare giù queste righe. Ripercorrere con la mente certi momenti non è facile, soprattutto se sei stato vittima di quello che uno a volte anche astrattamente chiama “repressione dello Stato”. Mi sono detta però, che certe cose non devono passare sotto silenzio anzi, bisogna urlarle al mondo intero. Questo è per tutti quelli che il 14 novembre sono scesi in piazza e non hanno avuto paura. È per tutti quelli che l’hanno avuta.
È per tutti quelli che l’hanno ancora, ma sono determinati a sconfiggerla e riprendersi le strade. È per tutte le detenute e i detenuti, che oltre a essere privati della libertà, “vivono” in condizioni pessime e degradanti, ma mi hanno mostrato cos’è la solidarietà. È per la mia famiglia che non ha mai smesso di sostenermi. È per i miei compagni e le mie compagne che in quel momento ho sentito ancora più vicino. È solo grazie a voi che non sono crollata.
Sono una degli arrestati del 14 novembre. Sono tra quelli che quel giorno sono scesi in piazza insieme a tutta l’Europa per dire che non ci stanno al ricatto dei mercati e della finanza. Sono tra quelli cui è stato impedito nella maniera più brutale di manifestare il proprio dissenso sotto i palazzi del potere. Sono tra quelli che sono stati picchiati, umiliati e trattati come bestie su quella maledetta camionetta.

Questo racconto non vuole spaventare, ma dare forza a tutti gli studenti, i precari, i disoccupati, i lavoratori e i pensionati determinati a tornare in piazza per riprendersi il proprio futuro. Vuole far capire che, anche se ci proveranno in tutti i modi, non si è mai soli, specialmente quando si hanno dei compagni. Perché non esistono sbarre o manganelli che possano fermare un’intera Europa che si ribella.

Sul 14 novembre è già stato detto e scritto tanto quindi, per evitare di essere petulante (nonostante sia una delle mie caratteristiche principali), mi soffermerò più che altro sulla piccola vacanza in carcere gentilmente concessami dallo Stato italiano. Dopo i primi convenevoli della celere sul Lungotevere (calci sui reni, sulla faccia, e le immancabili manganellate sulla testa le quali, anche se vietate dalla legge perché banalmente potrebbero ucciderti, le forze dell’ordine proprio non riescono a fartele mancare), siamo stati trasportati sulla camionetta. Lì, ovviamente, i poliziotti hanno fatto gli onori di casa: e giù a calci nelle palle, insulti, minacce di morte e vessazioni di ogni tipo. Persone con la testa aperta, mani rotte e il sangue che scivolava copioso sono state costrette a sedersi per terra, senza potersi reggere, sbattendo così il proprio corpo già martoriato sui lati del camioncino. Siccome però le forze dell’ordine non sono bestie ma esseri umani, sei ore dopo averci portato in questura hanno chiamato un’ambulanza. “Alla buon’ora”, avremmo voluto dire. Abbiamo però evitato, sia per non urtare la loro sensibilità, sia perché la bava che avevano alla bocca faceva un po’ schifo e non volevamo esserne investiti in caso si fossero rimessi a urlare. Dopo dieci ore e manco un cracker nello stomaco, arriva il verdetto: carcere. Paura, panico, ansia e terrore iniziano a trasudare dal corpo per quell’unico pensiero: “E mo chi da’ da mangiare al gatto?”. Il poliziotto, che notavo avere un certo piacere nel comunicarmi la notizia, pregustandosi già una scenata isterica secondo lui tipicamente femminile, ha avuto un immediato calo della mascella nell’assistere alla telefonata tra me e mia madre in cui la istruivo sulle quantità di cibo da dare al felino. Colpo di chioma e testa alta, me ne torno dagli altri fermati insieme a me, comunicandogli la notizia. Quando passi dieci ore in stato di fermo insieme ad altre persone, solo perché avete un’idea di società diversa da quella che ti vogliono imporre, non puoi sentirti solo. L’affetto, la complicità e il sostegno che si hanno quando si condividono gli stessi ideali sono una cosa che non si può capire quando passi la tua vita a eseguire degli ordini. La forza che si tira fuori in certi momenti non deriva solo da te, ma anche da quelle mani che hai stretto durante i cortei, da quegli occhi che hai visto tutti i giorni nei percorsi che crei all’università, dai sorrisi stanchi ma felici che ti rivolgi alle tre di notte quando hai occupato la facoltà.

Arrivata in carcere, sono privata di ogni cosa che potrebbe aiutarmi al suicidio: elastico dei pantaloni, lacci delle scarpe (“scusi, così mi stanno larghe, casco ogni tre passi” – “questioni di sicurezza” – “ma ho le lenzuola in cella, posso impiccarmi anche con quelle” – “eeeeehhhhhh”), reggiseno (“scusi come ci si ammazza col reggiseno?” “eeeeeeeeeeeeeeeeehhhhhhhh”), piercing (“io questi non li levo, non l’ho mai fatto, non so’ capace” -“fa come te pare” – “allora tengo anche quest’altri” – “no, se ci riesci, li devi levare” – “ma perché?” – “eeeeeeehhhhhh”), accendino (“si può avere solo quello con la rotella, no con lo scatto” – “perché, che cambia?” – “che quello lo compri qui” – “ah ecco”). Rimango in magliettina, in un clima paragonabile solo a quello dell’Alaska, e chiedo una felpa: “Adesso non si può”. Sfidando le intemperie quindi, mi avventuro nel reparto dell’isolamento cui sono stata destinata e lì scopro l’amara verità: ho la finestra della cella mezza aperta. Mai ‘na gioia davvero. Nessuno mi dice come chiuderla e, avendo io la praticità e la razionalità di un bradipo monco, mi costringo a dormire.

Le celle vengono aperte alle otto del mattino e richiuse la sera alle venti. “Rebibbia è un carcere aperto”, dicono. Infatti, si poteva liberamente camminare avanti e indietro in un corridoio lungo dieci metri dove il massimo del divertimento era guardare la simpatica porta blindata che si apriva e chiudeva ogni tanto. Arriva la detenuta che porta le colazioni. Le chiedo quanto la pagano, lei schifata dice: “Ottanta euro al mese, per lavorare tutti i giorni dodici ore. Domani però vogliamo scioperare, non è possibile che qui ci sfruttino in questo modo e fuori non si sa nulla”. Si potrebbe obiettare che in carcere c’è vitto e alloggio pagato dallo Stato, ma non è proprio così: qualunque cosa, anche quella più stupida che parenti e amici potrebbero mandarti da fuori, deve essere comprata all’interno della struttura. Con un sovrapprezzo chiaramente. Quindi, o hai alle spalle una famiglia che mensilmente versa dei soldi sulla tua “Jail – Card”, oppure te la prendi allegramente in saccoccia e ti adatti a una vita che, oltre a essere già dura di per sé, diventa ancora più degradante.

Decido di farmi una doccia. Acqua calda neanche a parlarne. Ai piani superiori riescono a scaldarla nei pentoloni, ma all’isolamento non l’abbiamo, quindi dobbiamo adattarci. Poco male, alle brutte mi prenderà una polmonite. Cerco il phon per i capelli. Aria fredda. Polmonite assicurata. Chiedo un cambio alle guardie carcerarie perché, essendo vestita da due giorni allo stesso modo e avendo anche dormito con quella roba, oltre alla mia vita anche le mie condizioni igieniche iniziano a diventare abbastanza precarie. Mi spiegano che il loro guardaroba è molto disorganizzato e quindi non possono darmi nulla. Chiedo allora di poter chiamare mia madre, così da farmi avere dei cambi. Non ne ho diritto. Chiedo a loro di chiamarla. Non possono. “Quindi rimango così?”, chiedo iniziandomi ad alterare. “Signorina guardi che non è mica in villeggiatura”. Gli spiego che i detenuti non sono delle bestie e che hanno dei diritti, vengo immediatamente bollata come “scocciatrice” e rispedita nella mia sezione. Dopo aver smosso almeno tre piani e stalkerato diversi secondini, riesco a rimediare una felpa e due mutande.

All’isolamento siamo in cinque. A un certo punto sentiamo sbattere da dentro una cella e andiamo a vedere: c’è una ragazza messa in punizione. Non può uscire da lì per dieci giorni. Chiusa 24 ore su 24. Inorridiamo a questa scoperta. Già noi ci sentiamo come animali in gabbia, chiuse in un corridoio, figuriamoci se si è costretti per dieci giorni, senza uscire, in una cella di due metri per uno. La guardia ci intima di allontanarci, non possiamo parlarle, altrimenti ci viene fatto rapporto e ci vengono dati quarantacinque giorni di carcere in più. Chiaramente, appena si gira, andiamo dalla ragazza, le portiamo l’acqua, il caffè, le allunghiamo una sigaretta. Se c’è una cosa che t’insegna il carcere, è questa: lì dentro non ci si lascia sole. Non importa quello che hai fatto al di fuori: lì, ci si aiuta l’un l’altra nei momenti di sconforto, di paura e di solitudine. La galera ti taglia fuori dal mondo, i contatti con l’esterno per molti sono nulli e rischi d’impazzire. Non c’è ordine dall’alto che tenga quando c’è in gioco il pericolo di una solitudine più grande di quella che già si ha. Fanculo l’isolamento, fanculo gli ordini, fanculo le regole che ti vogliono annullare. Nessuno deve rimanere solo.

Mi arriva la spesa che ho fatto. Ho una bottiglia d’acqua naturale, la bevo e sento che è allungata con quella frizzante. E l’ho pure pagata. Impreco e vado dalla guardia a reclamare l’ora d’aria. Mi dice che non è possibile, non c’è l’assistente che può controllarci all’esterno e che quindi non usciremo. Inizio a scalpitare sempre di più e la mancanza di contatto con l’esterno inizia a devastarmi. Chiedo se i miei genitori hanno cercato di vedermi, se sono venuti i miei amici e i miei compagni. Non possono dirmi nulla. Inizio a incazzarmi veramente. Arrivano le venti e mi chiudono in cella. Le altre detenute accendono il televisore e sento il rumore delle camionette. Si parla della manifestazione del giorno prima. Mi tappo le orecchie per non sentirle, ma la rabbia monta lo stesso per quello che è stato fatto al corteo, a me e ai miei compagni e decido di mettermi a dormire. Tanto non ho nulla da fare. Mi addormento, stavolta un po’ in preda al magone. E a un certo punto eccoli: i miei compagni, i miei amici, i miei genitori e i miei fratelli sono lì fuori a urlare che non sono sola, a lanciare fuochi d’artificio e a cantare che “Si parte e si torna insieme”. Lì ho iniziato a ridere, la prima risata della giornata. Sento le altre detenute che urlano felici, che sbattono con le pentole sulle sbarre. Io non posso, quelle dell’isolamento sono più grosse e non riesco ad arrivarci, neanche salendo sullo sgabello. Arriva una guardia, ha capito che sono la fuori per me. Un po’ infastidita mi dice che deve controllarmi e se va tutto bene. Non potrebbe andare meglio, le rispondo. Mi addormento con le voci dei miei fratelli che, dopo essere stati al freddo per un’ora, se ne vanno. Stavolta non mi addormento col magone, ma felice e piena di una forza che avevo paura di aver perso.

Il giorno dopo va molto meglio. Sono arrivate delle nuove ragazze e una di queste è terrorizzata e piange di continuo. Stavolta è il mio turno di aiutare le altre e la consapevolezza di avere questo compito mi da’ forza e tranquillità. Io non sono sola ma tante altre la dentro sì: è compito di chi ha questa fortuna far sentire parte di una comunità gli altri che invece lo Stato vuole esclusi. La giornata va avanti tra risate e un po’ di lacrime quindi, ma quasi ci dimentichiamo di quelle sbarre che ci opprimono.

Dopo un po’ succede quello che più mi aspettavo e temevo: mi vengono le mestruazioni. Cari maschietti che leggete, non sentitevi in difficoltà e non distogliete lo sguardo che questa è una cosa tanto naturale quanto rognosa. Specie se ti trovi in carcere. Premetto che mia sorella aveva tentato di mandarmi degli assorbenti, ma niente: le guardie all’ingresso non glieli hanno fatti passare. “Li devi comprare, arrivano mercoledì”. Certo, e nel frattempo che si fa? Cara dignità, quanto vogliono distruggerti. Quindi eccomi lì, in palese difficoltà, ad andare a elemosinare tampax dalle assistenti del piano. Dopo un’ora, sette richieste, e tanto disagio, sento una poliziotta che urla il mio nome. Convinta che mi stesse finalmente dando ciò che richiedevo da tempo, mi sento dire: “O esci mo a fatte l’ora d’aria o te tappo dentro”. Inutile dire che lo charme e la buona educazione impartitami da mia madre sono andati a farsi benedire in tre secondi, permettendo al lato di chi ha fatto le scuole al Tufello di uscire indisturbato. Anche lì, a cavarmi d’impaccio dalla situazione, è arrivata una detenuta che, in tre secondi, da cosa facile qual era, mi ha allungato il tanto agognato assorbente salvando così quel poco di presentabilità che mi era rimasta. Tra l’altro, l’ora d’aria era peggio del corridoio: si è svolta in un quadrato di cemento minuscolo, con delle mura altissime, separato dalle altre detenute. Quel minuscolo pezzo di cielo che s’intravedeva è stato peggio della porta blindata della sezione che si apriva e chiudeva a intermittenza.

Finalmente la sera la buona notizia: esco. Scatto dal letto, correndo su quelle scarpe senza lacci. “Li rimetti ora?”. No, voglio uscire subito. Dalla cella più isolata sento una preghiera “Non ti scordare di me per favore”. Non lo farò. La ragazza in lacrime arrivata la mattina mi saluta. Chissà se ce la farà. Respiro. Gli abbracci, i baci, la felicità, i festeggiamenti poi, li abbiamo vissuti insieme. Questo invece è quello che vi posso raccontare nei tre giorni che ho passato solo fisicamente lontana da voi. Di come hanno provato a privarci della libertà, ma non ci sono riusciti. Di come non ci si sente soli quando si ha qualcuno fuori che urla e combatte con te. Della solitudine che può essere sconfitta quando si ha la consapevolezza di avere dei compagni al tuo fianco. Di come i detenuti ti accolgano e ti accudiscano con un amore enorme. Quando si ha tutto questo, niente può buttarti giù. “Si parte e si torna insieme”, questo mi sono ripetuta nei momenti di sconforto. Non ho mai smesso di dubitarne. Hanno provato a piegarci, a spezzarci, a romperci, a metterci paura.  Noi invece torniamo più forti di prima. Non ci hanno nemmeno scalfito.

Sempre vigili



lunedì 26 novembre 2012

A buon intenditor poche parole...ma giuste!











Avevano detto che si sarebbero ripreso le piazze,
avevano detto di non avere paura,
avevano detto che sarebbero andati nei luoghi proibiti,
avevano detto che le scemenze dette su di loro dalle TV e dai giornali non li toccavano,
avevano detto che il messaggio dato dalle forze dell’ordine il 14 novembre lo avevano ben capito,spaventare i più giovani con le violentissime cariche e i meno giovani perché il carcere e le denunce sono pesanti da sopportare...e lo hanno fatto, si sono ripresi le piazze e la passata violenza brutale e gratuita non li ha fermati. Armati di libro-scudo e colapasta in testa hanno marciato pacificamente...
Studenti, insegnanti precari, lavoratori,insieme per le strade delle nostre città...
I problemi da risolvere sono tanti...e la situazione diviene sempre più complessa.
Intanto ascoltate il video di questa giovane studentessa che fotografa con precisione la realtà dell’università e della scuola pubblica...
Cari ministri se avete coraggio rispondetele...


Sempre vigili


venerdì 23 novembre 2012

...e ’l modo ancor m’offende






“Viviamo in una fase di bassa qualità della democrazia...
La democrazia non mantiene le sue promesse,la democrazia può deludere  quando non produce buona politica e buon governo...” Zagrebelsky


Ma chi è il guardiano della democrazia? Chi la deve nutrire? Chi deve difenderla?
NOI!!! Tutti insieme,tutti affiancati in file strette e compatte!
I giovani stanno facendo la loro parte ...quando glielo consentono,quando non li picchiano, quando non li arrestano, quando non li deridono, quando non li umiliano facendoli lavorare per cinque euro l’ora,se fortunati...
Li hanno chiamati bamboccioni,sfigati,generazione perduta e tanto altro ancora...ma sono i nostri giovani...giovani che tentano disperatamente di riappropriarsi di ciò che noi gli abbiamo tolto:il futuro!
Dopo il 14 novembre sono state dette tante assurdità dai rappresentanti delle istituzioni e visto scene
di violenza inaudita perpetrata da uno stato che non ha più credibilità e autorevolezza, ma dire che ai giovani manifestanti si applicherà il daspo e l’arresto differito mi sembra l’apoteosi della irrazionalità e il disconoscimento della Costituzione che,nonostante tutto, continua ad essere la nostra Carta che tenta di sopravvivere agli attacchi barbari dei politicanti beceri e ignoranti.
Minacce che diventeranno realtà perché lo stato non fa sconti a chi dissente,non fa sconti a chi non si allinea al suo modo di pensare e agire...
E domani ci sarà ancora una manifestazione e i giovani hanno dichiarato di voler arrivare sotto i palazzi del potere...in strada ci saranno migliaia e migliaia di agenti...I giovani... Con l'ombrello aperto sotto le finestre del ministero della Giustizia in via Arenula "per paura cadano lacrimogeni".

Intanto si vedono altri video del 14 novembre che fanno riflettere...

Da Repubblica.it

 

Agenti: manganellate e calci sui ragazzi


Un altro video che documenta gli scontri di mercoledì 14 novembre durante la manifestazione degli studenti a Roma: una nostra lettrice, ferma su un autobus in via di Porta Portese, davanti a Ponte Sublicio, riprende con la telecamera la scena: un gruppo di ragazzi si sta allontanando dal teatro degli scontri. Quando, all'improvviso, parte una carica di una decina di poliziotti che sorprende alle spalle alcuni giovani colpiti con manganellate e calci







ROMA - "Dialogo con gli studenti, ma i palazzi della democrazia devono rimanere inviolabili". E ancora: "Chi indosserà un casco, verrà identificato". Il prefetto della capitale Giuseppe Pecoraro annuncia fermezza nel gestire la manifestazione della scuola, che domani attraverserà la capitale. Alla vigilia della protesta dice: Vogliamo che "ci sia la possibilità di manifestare il proprio dissenso e far conoscere i motivi delle proteste, ma deve avvenire conformemente alle regole e alla legge". "Sappiamo che qualcuno non ha presentato un preavviso per la manifestazione: è ovvio che i luoghi sacri della democrazia saranno inviolabili", ha detto Pecoraro. "Se ci saranno problemi di ordine pubblico è ovvio che le forze dell'ordine non potranno non intervenire". E poi puntualizza: Chi indosserà il casco "è punibile". E dunque chi indosserà caschi durante i cortei di domani "sarà invitato a toglierlo altrimenti sarà identificato e denunciato".

Vogliamo fare un secondo 14 novembre????????????????


“Polizia, chi stai difendendo? Chi è colui che colpisci a terra? Un ragazzo, uno studente, un operaio? E' quello il tuo compito? Ne sei certo? Non ti ho mai visto colpire un politico corrotto, un mafioso, un colluso con la stessa violenza. Ti ho visto invece scortare al supermercato una senatrice o sfrecciare in moto affiancato ad auto blu nel traffico, a protezione di condannati in
giacca e cravatta, di cosiddetti onorevoli, dei responsabili dello sfascio sociale
che invece di occuparsi dello Stato si trastullano con la nuova legge elettorale per salvarsi il culo e passano le serate nei talk show. Di improbabili leader a cui non affideresti neppure la gestione di un condominio che partecipano a grotteschi confronti televisivi per le primarie. Loro "non tengono" vergogna, tu forse sì. Lo spero. Soldato blu, tu...
...hai il dovere di proteggere i cittadini, non il Potere. Non puoi farlo a qualunque costo, non scagliando il manganello sulla testa di un ragazzino o di un padre di famiglia. Non con fumogeni ad altezza d'uomo. Chi ti paga è colui che protesta, e paga anche coloro che ti ordinano di caricarlo. Paga per tutti, animale da macello che nessuno considera e la cui protesta, ultimo atto di disobbedienza civile, scatena una repressione esagerata. Soldato blu, ci hanno messi uno contro l'altro, non lo capisci? I nostri ragazzi non hanno più alcuna speranza, dovranno emigrare o fare i polli di allevamento in un call center. Tu che hai spesso la loro età e difendi la tua posizione sotto pagata dovresti saperlo. E' una guerra, non ancora dichiarata, tra le giovani generazioni, una in divisa e una in maglietta, mentre i responsabili stanno a guardare sorseggiando il tè, carichi di mega pensioni, prebende, gettoni di presenza, benefit. Soldato blu non ti senti preso per i fondelli a difendere l'indifendibile, a non schierarti con i cittadini? Togliti il casco e abbraccia chi protesta, cammina al suo fianco. E' un italiano, un'italiana come te, è tuo fratello. è tua sorella, qualche volta, come ieri per gli operai del Sulcis, un padre che ha sputato sangue per farti studiare. Sarà un atto rivoluzionario.

Parole di un amico di Alberto Salvucci

 Sempre vigili