FRAGOROSO SILENZIO
domenica 5 maggio 2013
Calamandrei e la Costituzione
Adoro Calamandrei,per la sua acutezza intellettuale,per la sua
capacità di comunicare ,a volte, l’incomunicabile, per la sua attualità...
Oggi vorrei che i nostri governanti leggessero queste parole...
Riporto
una parte del discorso che fu pronunciato da Piero Calamandrei nel salone degli
Affreschi della Società Umanitaria il 26 gennaio 1955 in occasione dell’inaugurazione
di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un
gruppo di studenti universitari e medi per illustrare in modo accessibile a
tutti i principi morali e giuridici che stanno a fondamento della nostra vita
associativa.
L’art.34 dice:” I
capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i
gradi più alti degli studi”. Eh! E se non hanno i mezzi? Allora nella nostra
costituzione c’è un articolo che è il più importante di tutta la costituzione, il
più impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani
che avete l’avvenire davanti a voi. Dice così:
”E’ compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando
di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
E’ compito di
rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana:
quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare una
scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo
sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’art. primo-
“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro “-
corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per
ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio
lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà
chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica
perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci
sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale,
non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di
concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in
cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a
questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società.
E allora voi capite
da questo che la nostra costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in
parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un
impegno di lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro
vi sta dinanzi!
E‘ stato detto
giustamente che le costituzioni sono anche delle polemiche, che negli articoli
delle costituzioni c’è sempre anche se dissimulata dalla formulazione fredda
delle disposizioni, una polemica. Questa polemica, di solito è una polemica
contro il passato, contro il passato recente, contro il regime caduto da cui è
venuto fuori il nuovo regime.
Se voi leggete la
parte della costituzione che si riferisce ai rapporti civili politici, ai
diritti di libertà, voi sentirete continuamente la polemica contro quella che
era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà, che oggi
sono elencate e riaffermate solennemente, erano sistematicamente disconosciute.
Quindi, polemica nella parte dei diritti dell’uomo e del cittadino contro il
passato.
Ma c’è una parte
della nostra costituzione che è una polemica contro il presente, contro la
società presente. Perché quando l’art. 3 vi dice: “ E’ compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono
il pieno sviluppo della persona umana” riconosce che questi ostacoli oggi
vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la costituzione, un
giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale,
che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di
trasformazione graduale, che la costituzione ha messo a disposizione dei
cittadini italiani. Ma no è una costituzione immobile che abbia fissato un punto
fermo, è una costituzione che apre le vie verso l’avvenire. Non voglio dire
rivoluzionaria, perché per rivoluzione nel linguaggio comune s’intende qualche
cosa che sovverte violentemente, ma è una costituzione rinnovatrice,
progressiva, che mira alla trasformazione di questa società n cui può accadere
che, anche quando ci sono, le libertà giuridiche e politiche siano rese inutili
dalle disuguaglianze economiche dalla impossibilità per molti cittadini di
essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che
se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anche essa
contribuire al progresso della società. Quindi, polemica contro il presente in
cui viviamo e impegno di fare quanto
è in noi per trasformare questa
situazione presente. Però, vedete, la costituzione non è una macchina che una
volta messa in moto va avanti da sé. La costituzione è un pezzo di carta: la
lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci
dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la
volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una
delle offese che si fanno alla costituzione è l’indifferenza alla politica,
l’indifferentismo politico che è -non qui, per fortuna, in questo uditorio, ma
spesso in larghe categorie di giovani- una malattia dei giovani. ”La politica è
una brutta cosa”, “che me ne importa della politica”: quando sento fare questo
discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina,, che qualcheduno
di voi conoscerà, d quei due emigranti, due contadini, che traversavano
l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella
stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con
delle onde altissime e il piroscafo oscillava: E allora questo contadino
impaurito domanda a un marinaio: “Ma siamo in pericolo?”, e questo dice: “Se
continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda”. Allora lui corre
nella stiva svegliare il compagno e dice: “Beppe, Beppe, Beppe, se continua
questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda!”. Quello dice: ” Che me ne
importa, non è mica mio!”. Questo è l’indifferentismo alla politica. E’ così
bello, è così comodo: la libertà c’è. Si vive in regime di libertà, c’è altre
cose da fare che interessarsi alla politica. E lo so anch’io! Il mondo è così
bello, ci sono tante cose belle da vedere, da godere, oltre che occuparsi di
politica. La politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria:
ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel
senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per
vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai, e vi auguro di
non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di
riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo
dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna
vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica. La costituzione, vedete,
è l’affermazione scritta in questi articoli, che dal punto di vista letterario
non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della
solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti
questo bastimento. E’ la carta della propria libertà, la carta per ciascuno di
noi della propria dignità di uomo.”
Piero Calamandrei
Sempre vigili
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Cara Iolanda, vedo che ti stai sforzando per far capire qualcosa hai nostri governanti!!!
RispondiEliminaMa dimmi! Pensi proprio che loro sanno leggere???
Loro capiscono solo il loro linguaggio il resto non gli interessa, ciao^e buona domenica.
Tomaso
Pensa che io ho la maglietta dell'ANPI con la scritta di Sana e Robusta Costituzione con su l'Italia muscolosa.
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